lunedì 1 dicembre 2014

Stocastica



Occorre avere rispetto, un rispetto profondo e devoto per il nostro dolore. Esso viene da lontano, attraversando i misteri del cosmo, convergendo su stocastici appuntamenti; planando sopra sincronie estuanti e occorrenze le une alle altre inferrate in una morsa stringente in corsa verso il necessario divenire. Esso è oggi il puro istante di quel lontanissimo impulso, generato dall’inconoscibile e perduto nel remoto, primordiale nulla. E’ la coscienza dell’esistere nel fremito di un’energia piccola e forte insieme. E’ la somma degli infiniti istanti della nostra storia. Quanto di fatale e terribile il nostro dolore reca esso è l’ombra di quel passato premente.




martedì 18 novembre 2014

Minutezza 1

Fu ghermito dal più profondo sonno, nel cuore della notte, d’improvviso, inspirando meraviglia e disappunto alla ricerca, nel buio e tra i pensieri, del motivo. Rimase qualche minuto immobile, a letto, gli occhi aperti, a ragionare sull’istante del risveglio. Il mistero della consapevolezza che fulminea tracciava l’imprescindibile confine tra la coscienza dell’esistere ed il dolce nulla era uno spazio di riflessione che non poteva impedirsi quotidianamente di percorrere. 
   Lasciò calmare il battito che s’era per poco animato dal mutamento di stato e si decise solo poi ad imporsi la luce della lampada. Aveva, in quei pochi istanti, misurato col pensiero la stanza, indugiando sulle mensole e lo scrittoio, sulla biancheria lasciata il giorno avanti, sulla sedia blu, sulle cose poggiate sparse sul pavimento, così che il chiarore improvviso non raccontò nulla di inatteso. Fregandosi gli occhi si mosse a sedere e in breve si alzò per vestirsi. 
   Erano da poco passate le tre del mattino, l’aria limpida e fredda di mezz’autunno faceva promesse di bel tempo per i giorni prossimi. Non oppose alcun tentativo di riprendere il filo del sonno perduto, piuttosto uscì, indugioso e cauto per non disturbare il riposo della signora che nel quartiere accanto pesava i giorni sgranando preci e lacrime in memoria di quanto nella sua vita non fu mai. 
   Si lasciò indietro il crèpito che il corrimano cilestro delle scale faceva sempre ondoleggiando e, lesto sul viale, raggiunse, con sollievo irragionevole, la strada principale. Respirò profondamente godendo dell’odore della notte.



giovedì 25 settembre 2014

La mosca

La costanza era un ambiente psichico che esercitava un enorme fascino sui miei pensieri; dimorarvi era il mio desiderio più tenace.
Già, perché nella perseveranza fioriscono le intuizioni, si realizzano i talenti.

La mia esistenza era stata piuttosto un seguito di curiosità inappagate, di lampi scolorati in un istante, di urgenze di conoscenza, d'incostanti ardori, d'immatura passione...
Oh, come la caparbietà avrebbe giovato alle mie malinconie, ai rancori segreti...  alle mie tasche!


Eppure, si potrebbe, con leggerezza, credere la costanza un semplice atto di volontà (che pure, nella mia inadeguatezza, non riuscivo a disgiungere da un corollario di pervicaci ottusità) ma in fondo è qualcosa di più forte: un sentimento allignato nella più profonda natura umana che poco ha a che fare con l'applicazione e l'esercizio.

Una mosca si posava vicino, sulla mia seduta di pietra, godendo di un improvviso tepore e ignorando i tetti di Firenze che sotto i nostri occhi si componevano disordinati in un mosaico colorato.





"Non sempre folgora" aria da "La costanza trionfante degl'amori e degl'odii" (1716) - Vivaldi
I Barocchisti - Diego Fasolis
Tenore: Topi Lehtipuu



Non sempre folgora
il cielo irato,
spera ch'il fato
si cangerà.
Fra tanto guida
sicura il piè
che la mia fede
costante e forte
ti seguirà



lunedì 15 settembre 2014

Camminando

Comparve dall'angolo della strada di fronte, quella che accompagnava il mare seguendone le curve ed assecondandone i movimenti; disparve in quel breve istante legato al suo cammino tenace. Fu una piccola promessa di doni inaspettati per i suoi occhi avidi e tranquilli, capaci di sguardi lontani che, per natura o abitudine, il tutto abbracciavano.
Il viaggio non reca quasi mai libertà piuttosto la reclama e nell'abbandono ad esso si conquista il privilegio della consapevolezza.

Passò, lo zaino in spalla, la maglietta gialla, il viso bruciato dalle stagioni di sole, lieve e sereno attraversando le curiosità di chi dimostrava la compiacenza d'osservarlo.
Non sulle strade ma nel cuore degli uomini avrebbe dimorato.




Vaughan Williams: songs of travel
I have trod the upward and the downward slope
Bryn Terfel




venerdì 5 settembre 2014

Vino e vento

Il sole era tornato a riscaldare i nostri visi recando l'ombra del disagio suscitato dalla vergogna d'averlo creduto estinto per un precoce inverno. La sua luce posava sulle ciglia soffondendo, in tanti piccoli bagliori, rassegnazione e piacere insieme. 

Sedevo nel primo pomeriggio al caffè il cui nome era una bella speranza: Marechiaro. Erano i giorni del mio riposo che consumavo compiacendo malinconie e ricordi nei luoghi di un quotidiano passato. La solitudine è un sentimento che ha bisogno di cure. 

Accanto a me sedeva un vecchio in compagnia dei suoi fantasmi, irrequieti e audaci tanto da prendere per lui la parola con accenti sinistri, indecifrabili e penosi. Il vecchio si abbandonava all'ineludibile assecondando quei versi d'onirica passione con spasmi ugualmente tragici. Vino e vento parevano la sola cura all'impotenza di definirsi. Com'era chiara, quel giorno, l'illusione di riconoscersi negli occhi degli altri!


Maurice André - Tromba
English Chamber Orchestra, Charles Mackerras


martedì 2 settembre 2014

La noia

I primi giorni di settembre erano stati piovosi e freddi, propaggine d'una stagione d'inconsueta variabilità, non solamente meteorologica.

Cos'era la noia?

Dopo mesi di lavoro denso e totalizzante avevo finalmente qualche settimana (forse molto di più, chi l'avrebbe davvero saputo?) di riposo e mi abbandonavo a quella domanda frugando attraverso le mie possibili risposte e la corona delle tentacolari divagazioni.

Mi stimolava però l'idea ch'essa fosse null'altro che abbandono: libertà da modelli e schemi e organizzate esistenze.
Nell'affanno costante del pianificare lo scorrere delle nostre ore d'un tratto la mancanza di un dovere, di una necessità imposta ecco che genera la terrifica moltitudine della scelta. E nell'impossibilità di determinarsi o nella semplice mancanza di volontà nel farlo si annida l'ipotesi della noia. Dovrei dunque correggermi e chiarire che essa potrebbe piuttosto essere mancanza di abbandono. Già, perché si tratterebbe, nell'evitarla, di lasciarsi vivere.
Parrebbe quasi una seducente ipotesi che riflette l'immagine di un'esistenza libera.





Il pleure dans mon coeur
C. Debussy





Il pleure dans mon coeur
Comme il pleut sur la ville.
Quelle est cette langueur
Qui pénêtre mon coeur ?

O bruit doux de la pluie
Par terre et sur les toits !
Pour un coeur qui s’ennuie,
O le chant de la pluie !

Il pleure sans raison
Dans ce coeur qui s’écoeure.
Quoi ! nulle trahison ?
Ce deuil est sans raison.

C’est bien la pire peine
De ne savoir pourquoi,
Sans amour et sans haine,
Mon coeur a tant de peine.

Paul Verlaine




giovedì 12 dicembre 2013

Discesa

Appena usciti dalla lunga galleria che consente di evitare il passo tortuoso e scosceso tra le montagne boscose, si apre, sulla sinistra, uno spiazzo. Per chi viaggia nella direzione opposta rappresenta l'ultima occasione di ristoro prima di lasciarsi vincere dall'oscurità del tunnel, l'ultimo sorso d'aria e di luce prima di una profonda apnea. Sebbene la linea continua scoraggi deviazioni imprudenti non ero mai riuscito a vincere la tentazione di accostare da quella parte, fu così anche quel giorno. Non ne potevo fare a meno poiché la bellezza del panorama, di lassù, aveva un'attrazione magnetica, un potere seduttivo del tutto speciale. 
Era freddo e il solstizio d'inverno prossimo stringeva i giorni tra appendici di buio solo apparentemente disgiunte e annodate insieme col nome di "notte". Da lì la strada iniziava un rapido declivio che portava alla valle e che lo sguardo, da lassù, abbracciava tutta e oltre, lontano, fino ai lontani monti che scendevano sulle colline abbrunite dalle stagioni e che incorniciavano il pianoro ancora verdeggiante. 
In quel luogo l'aria profumava di verità, indifferente della lordura che viaggiatori inurbani avevano lasciato abbandonando sull'asfalto e tutt'intorno plastica e rifiuti d'ogni tipo. Io stesso riuscivo a non indignarmi per tali primitivismi, rapito da lontananze intangibili: il fumo dei fuochi all'imbrunire disegnava, coi vapori di terra bagnata e corsi d'acqua, geometrie orizzontali, sospese sull'antica Norcia.




Ich bin der Welt abhanden gekommen
Gustav Mahler

Marilyn Horne 

Los Angeles Philarmonic orchestra 
Zubin Metha